Phurpa

03 Maggio 2017 Autore : 

Il Phurpa è un oggetto rituale piuttosto diffuso nelle aree asiatiche che hanno subito l’influenza tibetana. Talvolta chiamato “pugnale sacro” , il Phurpa veniva impiegato dai praticanti di tantra di alto livello nei rituali per combattere gli spiriti maligni e per distruggere gli ostacoli.

Il suo nome è composto dal termine “phur” che è l’equivalente tibetano della parola in Sanscrito “kila”, che significa picchetto o chiodo. Il Phurpa infatti era uno strumento che, conficcato nel terreno, vincolava ed inchiodava gli spiriti maligni. Il termine Phurpa è usato principalmente nel Tibet centrale, mentre Phurbu è usato più spesso in Kham, Amdo e Ladakh.

Qualunque fosse la forma originaria del kila Indiano (non esistono reperti), sembra che la forma usata in Tibet, con le sue tre lame, sia ispirata ai picchetti che fissavano le corde delle tende al terreno.

Il culto del Phurpa, secondo alcuni studiosi occidentali, sarebbe più antico del buddismo di alcune migliaia di anni. Le tracce del culto, infatti, non sono state ritrovate nelle regioni influenzate dal Buddismo.
I primi rituali con daghe sono stati trovati in Mesopotamia, dove sono state scovate delle reliquie dei Sumeri. Per quanto è noto, le daghe dei Sumeri venivano impiegate per la consacrazione dei terreni e per tenere lontani i demoni.
Oltre allo scopo difensivo dai demoni, questi oggetti venivano impiegati in modo pratico per fissare i tendaggi al terreno; è per questo che la daga rituale assomiglia molto ad un picchetto da tenda. Tutte queste caratteristiche del Phurpa non hanno alcuna correlazione con in Buddismo.

Per quanto riguarda invece la storia tramandata nei testi scritti dei monaci Buddisti, il Phurpa nasce con la leggenda, che risalirebbe al 8° secolo d.C., nella quale si narra che i Tibetani, popolazione di nomadi allevatori di bestiame e temuti ladri, un giorno si resero conto di essere divenuti malvagi barbari e decisero di intraprendere un percorso volto a migliorare la loro vita, prendendo esempio dai loro vicini, Indiani e Cinesi; così il loro re tibetano invitò dei saggi indiani nel suo villaggio per trasmettere alla sua gente gli insegnamenti del Gautama Buddha.
Uno di questi saggi indiani, noto come Padmasambhava (o Guru Rinpoche), è visto oggi come il fondatore del buddismo Tibetano. Negli scritti viene narrato che Padmasambhava abbia scoperto il culto della daga lungo il suo cammino verso il Tibet.

Dagli stessi scritti emergerebbe anche che il Guru abbia perfezionato il culto della daga, dimostrando quindi il fatto che il Phurpa risalga a prima dell’avvento del buddismo in Tibet.
Quello che non è chiaro è quale sia stato effettivamente il contributo del Guru indiano al culto della daga.

È difficile classificare i Phurpa in modo preciso, anche dal punto di vista iconografico, ogni daga ha la sua caratteristica peculiare; questo poiché spesso le tradizioni sono state tramandate oralmente. Si può tuttavia indicare alcune generalità dello strumento.
Sulla tripla lama si avvolgono generalmente dei serpenti, e si sviluppa dalla testa del Makara, parola in Sanscrito riconducibile ad un mostro sacro simile ad un coccodrillo.

Sopra alla testa del Makara si trova generalmente “il nodo eterno”, simbolo di fortuna. L’impugnatura è costituita da un certo numero di nodi sui quali compaiono fiori di loto stilizzati. Dopo l’ultimo nodo eterno si trova la testa a tre volti che spesso, ma non sempre, hanno i denti scoperti con un’espressione d’ira. Sulla testa è talvolta presente una testa di cavallo, che rappresenta un Tamdin, oppure altri simboli buddisti.

La tripla lama del Phurpa simboleggia il superamento o il taglio delle tre radici velenose dell’ignoranza, del desiderio e dell’odio, e rappresenta anche il controllo dei tre tempi: passato, presente e futuro.
La forma triangolare rappresenta l'elemento del fuoco e simboleggia l’ira. Le teste del Makara nella parte superiore dell’impugnatura rappresentano la sua ferocia.


Quando si utilizza il Phurpa, il praticante prima medita, poi recita la sadhana del Phur-pa, e quindi invita la divinità di entrare nel Phurpa. Durante questo rituale, il praticante visualizza la paura e la conquista degli spiriti maligni che vengono imprigionati sotto la punta del Phurpa.
Oppure a volte il praticante effettua il rituale gettando il Phurpa per infilzare e sottomettere gli spiriti. Il successo dipenderà dalla spiritualità del praticante, la concentrazione, la motivazione e le sue connessioni karmiche con la divinità del phurpa e gli spiriti maligni.
Uno spirito (più comunemente chiamato fantasma in occidente) è un essere non fisico che indugia nella confusione tra i diverse regni. Se infilzato con il Phurpa, lo spirito veniva portato fuori da questo stato di confusione e aveva la possibilità di rinascere (probabilmente in una specie inferiore del regno umano).

Questo oggetto rituale è di solito fatto di vari materiali, come argilla, legno, avorio, metalli quali argento, ferro, rame e bronzo, ossa umane o di scimmia oppure una combinazione di questi, ed è considerato un elemento potente per scacciare gli spiriti maligni.

La parte inferiore della lama si dice che rappresenti il "Metodo", mentre l’impugnatura la "Sapienza". Queste sarebbero state due cose che erano di vitale importanza per la sopravvivenza di persone in queste regioni.

 

BIBLIOGRAFIA

Dagger Blessing – The Tibetan Phurpa Cult: Reflections and Materials . Marcotty
The Phur-Pa, Tibetan Ritual Daggers - John C. Huntington

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